L’attendibilità del cardiofrequenzimetro è uno degli argomenti più discussi tra gli sportivi che si affidano a questo strumento per valutare le proprie prestazioni. Sembra abbastanza certo che l’utilizzo di una fascia toracica, in abbinamento al dispositivo da polso, fornisca alle misurazioni un’autorevolezza maggiore rispetto alla sola rilevazione dal polso. Ma non è detto. Vediamo quali sono, caso per caso, le limitazioni che possono causare problemi di attendibilità dei dati forniti da tutti i comuni dispositivi impiegati per la misurazione della frequenza cardiaca.
La Fascia Toracica
Per permettere al supporto toracico di lavorare correttamente e produrre una lettura di dati attendibili, bisogna anzitutto indossarla nel modo corretto. Deve essere ben salda alla pelle ma non risultare costrittiva. A tal proposito, può essere utile lubrificarne la lunghezza con un gel apposito ed inumidire gli elettrodi con una soluzione salina. Un altro accorgimento fondamentale, per far sì che le misurazioni siano valide, è quello di pulire accuratamente la fascia dopo ogni impiego con l’aiuto di un panno umido. Inoltre, ogni 7 – 8 utilizzi, è consigliabile che sia lavata a mano, diluendo in acqua tiepida un detergente delicato.
Cardiofrequenzimetro da Polso
Anche il cardiofrequenzimetro da polso, per lavorare in modo corretto, deve essere ben saldo alla pelle senza stringere. Una pressione eccessiva potrebbe infatti causare momentanee interruzioni del flusso sanguigno e provocare errori nei rilievi. Tuttavia questi semplici accorgimenti sembrano non bastare. Questo dispositivo funziona infatti mediante sensori ottici. Un tipo di tecnologia molto sofisticata ma certamente non infallibile. Perché può essere influenzata da molti fattori esterni, in grado di comprometterne facilmente l’efficacia.
Quando la luce penetra nei tessuti, la maggior parte di essa è assorbita dagli stessi, mentre un residuo viene riflesso. E’ proprio la quantità della luce riflessa che fornisce all’apparecchio una stima della frequenza cardiaca. Appunto, però, si tratta di una stima. Perché la quantità di luce riflessa può dipendere da molte variabili, sia fisiche che relative al movimento che si sta effettuando.
Cardiofrequenzimetro da dito
Trattandosi di un presidio medico, l’attendibilità di questo piccolo apparecchio è generalmente considerata alta. Sia nella rilevazione della frequenza cardiaca, che in quella relativa alla saturazione dell’ossigeno, che è l’altro dato d’interesse fornito in particolare da questo strumento. Il margine di errore per i prodotti migliori di questa tipologia è infatti stimato tra l’1 e il 2 per cento circa. Anche nell’impiego del cardiofrequenzimetro da dito si possono però riscontrare dei limiti. Ci sono infatti dei casi in cui, un’applicazione del dispositivo al dito della mano, che è la modalità di impiego più comune di questo strumento, possa essere sconsigliata. Spieghiamo il perché.
Il cardiofrequenzimetro da dito ha la forma di una pinza. Essa presenta da un lato due diodi foto emittenti che emanano due differenti fasci luminosi, i quali attraversano il tessuto cutaneo e giungono al rilevatore posto sull’altra estremità che trasmette i dati al display. Se le unghie sono finte oppure smaltate, o se la pelle è molto scura, i diodi potrebbero non rilevare correttamente i dati. In queste evenienze è dunque consigliabile che l’applicazione dello strumento avvenga al lobo di un orecchio o al naso.
Cosa dicono gli utenti
Per quanto essa non sia molto amata a causa della minore praticità di utilizzo, sembra opinione ampiamente condivisa che per avere misurazioni attendibili è preferibile affidarsi ad un prodotto provvisto di fascia toracica. Soprattutto se si praticano allenamenti ad alta intensità, dove la frequenza cardiaca può avere oscillazioni anche molto significative.
Pare, infatti, che avere tatuaggi o peluria folta in prossimità del polso, comprometta parecchio le misurazioni mediante questa tecnologia. Altri fattori di “disturbo”, e quindi di scarsa attendibilità degli stessi strumenti, sono costituiti dai fenomeni di vasocostrizione e vasodilatazione, che si verificano rispettivamente in stagioni molto fredde o eccessivamente calde, quando ci sia allena all’aperto.