Utilizzato fino agli anni ’80 principalmente per persone affette da tipologie cardiovascolari, negli ultimi decenni il cardiofrequenzimetro, dispositivo utile a misurare la frequenza cardiaca, si è diffuso sempre di più anche in ambito sportivo come strumento di monitoraggio della frequenza cardiaca sotto sforzo fisico.
Il funzionamento del dispositivo, sia per il modello a fascia che per quello da polso, si basa fondamentalmente su sensori che rilevano i battiti cardiaci ed elaborano i dati raccolti attraverso segnali elettromagnetici.
Tra i due modelli esistenti, quello a fascia toracica e quello da polso, sono questi ultimi quelli più diffusi, che permettono di monitorare la frequenza cardiaca ovunque ci troviamo in qualsiasi momento della giornata.
Per frequenza cardiaca si intende il numero dei battiti del cuore in un minuto. Ad ogni battito c’è una contrazione del muscolo cardiaco, dal quale il sangue viene irrorato per tutto il corpo.
In quali situazioni si può misurare la frequenza cardiaca?
- A riposo. Il cardiofrequenzimentro rileva il numero di battiti al minuto del cuore (bpm) in uno stato di inattività fisica
- Di massimo sforzo. Il dispositivo rileva il numero massimo di bpm del cuore posto sotto sforzo fisico
- Di recupero. Quando il valore del bpm viene rilevato dal dispositivo immediatamente dopo aver terminato lo sforzo fisico
Una volta raccolti i dati relativi alla propria frequenza cardiaca, all’età, al sesso e alla propria attività quotidiana, si può impostare il dispositivo sulla base dell’attività sportiva che si intende svolgere. È importante fissare dei parametri per delineare una soglia minima ed una soglia massima entro la quale devono rientrare i propri valori.
Il primo parametro è la propria frequenza cardiaca massima. Si calcola sottraendo al numero 220 la propria età. La cifra ottenuta è il numero massimo di battiti al minuto. La frequenza cardiaca minima, che è quella a riposo, si calcola invece misurando la frequenza di battiti al minuto al mattino, appena svegli, per 7 giorni.
Si ottiene così la soglia, detta anche “target zone”, entro la quale i nostri valori devono rientrare quando ci alleniamo. Quando si oltrepassa il range stabilito, si viene avvertiti da un segnale acustico.
Vediamo nel dettaglio il calcolo sia della frequenza massima che di quella minima
La formula completa è FcMax =220 – età.
Significa che la frequenza cardiaca massima (FcMax) equivale alla differenza cardiaca massima teorica che è di 220, meno la propria età espressa in anni. Impostando il proprio cardiofrequenzimetro si dovranno tenere presenti i vari intervalli di lavoro che sono i seguenti:
- tra 50% e 60% che equivale a quello della salute generale
- tra il 65% e il 75% che equivale ad un’attività bruciagrassi
- tra 65% e l’85%, dove raggiungiamo un’attività di tipo aerobico
- oltre il 90% che equivale ad un’attività anaerobica
Ampliando la differenza dell’intervallo di lavoro, aumenta lo sforzo.
Poniamo ad esempio, una donna di 32 anni che voglia impostare un attività tra il 65% e il 75% per bruciare i grassi.
Se la sua Fmax è di 188 bpm allora dovrà calcolare il 65% di 188 per ottenere la Frequenza cardiaca minima
e l’85% di 188 per ottenere la Frequenza cardiaca massima.
Avremo di conseguenza: 188x 0,65= 122 (minima) e 188×0,85%=160 (massima).
Il cardiofrequenzimetro, sul quale vengono caricati questi due parametri, mi avvertirà con un segnale acustico in caso di sforamento del range.
La frequenza cardiaca massima, perché occorre fare attenzione
Per poter programmare al meglio i propri allenamenti è importante considerare soprattutto il primo dei due parametri citati sopra.
È chiaro che durante lo sforzo fisico le pulsazioni del cuore aumentano. Avviene per consentire un maggiore apporto di nutrienti e di ossigeno ai muscoli, e più lo sforzo è intenso, più le pulsazioni aumentano.
C’è però un limite oltre il quale le pulsazioni del cuore non possono più aumentare ed è appunto quando raggiungiamo la frequenza cardiaca massima. Si tratta di un parametro fisiologico e variabile da individuo a individuo, tuttavia la formula indicata sopra è in grado di calcolare la frequenza cardiaca massima teorica di un atleta.
La formula spiegata sopra è stata scoperta oltre 30 anni fa dallo studioso finlandese Karvonen, la formula mette in relazione la Fc (Frequenza cardiaca) con l’età del soggetto.
Pur avendo un’affidabilità limitata si è riscontrato uno scostamento tra Fc max reale ed Fc max teorica che può arrivare sino al 10-15%.
Tornando quindi al caso precedente un soggetto di 20 anni potrebbe avere una frequenza cardiaca massima reale pari a 180 o 220 bpm.
Non è nostra intenzione addentrarci nelle teorie, ma solo fornire qualche indicazione in più in merito al funzionamento di questo apparecchio che si può rivelare strategico per conoscere meglio il proprio corpo e prendercene cura al meglio.
I valori possono essere modificati con il passare del tempo, man mano che progrediamo attraverso gli allenamenti.
In una situazione normale il numero dei battiti al minuto dovrebbe rientrare nei valori compresi tra 60 e 100 bpm, in caso di brachicardia (diminuzione dei battiti) saranno rilevati battiti inferiori a 60 bpm, mentre in caso di brachicardia saranno rilevati oltre 100 battiti al minuto.
Brachicardia e tachicardia, quando il cardiofrequenzimetro può essere provvidenziale
Se valori della nostra frequenza cardiaca si avvicinano al limite inferiore in una situazione di inattività fisica è tutto nella norma. La brachicardia infatti può essere riscontrata in soggetti anziani, nei quali si possono rilevare valori inferiori ai 50 bpm. È preoccupante invece il caso in cui si manifesti all’improvviso e in una forma piuttosto elevata: in questa condizione infatti potrebbe verificarsi un infarto o altra patologie legate al cuore.
Per queste persone è essenziale dotarsi di cardiofrequenzimetro e nel caso la brachicardia fosse cronica si deve considerare l’eventualità dell’ impianto di pacemaker.
Allo stesso modo la tachicardia, che è la patologia opposta e segnala un aumento del numero dei battiti, che superano i 100 bpm, in modo improvviso o graduale.
Se all’origine spesso ci sono cause fisiologiche (gravidanza, ansia, consumo eccessivo di caffeina), altre volte può essere riconducibile a disturbi della tiroide, anemia o insufficienza coronarica e può portare all’ictus o all’infarto.
Anche in questo caso l’utilizzo del cardiofrequenzimetro, che monitori costantemente i propri valori, può rivelarsi provvidenziale.
Le variazioni della nostra frequenza cardiaca non devono preoccupare, trattandosi di un parametro che varia in base all’età e all’attività in cui si è coinvolti al momento della misurazione o alla prestazione sportiva.